VIPower. Vertical Integrated Power, sono integrati di potenza con flusso di corrente verticale e la capacità di tenere 800 volt ed oltre e far passare correnti anche di 10 ampere.
Al momento (2020) hanno un fatturato di quasi un decimo del fatturato di ST.Per qualche aspetto sono i fratelli minori dei BCD, per il fatto di consentire di avere un solo dispositivo di potenza, mentre per la loro struttura i BCD possono averne parecchi.
I dispositivi a flusso di corrente verticale hanno il controllo della corrente, che è a bassa tensione e quindi non richiede grandi dimensioni, lungo la superficie del silicio e la parte che deve tenere tensione nella dimensione perpendicolare, quindi consentono densità di potenza molto elevate.
VIPower M1, VB027 accenzione elettronica, 1000v-8.5A
Vediamo come è nata l’invenzione
Una sera di fine luglio del 1981 ero a cena con l’ing Salvatore Castorina al ristorante la Costa Azzurra di Ognina, Catania.
Ci conoscevamo dai tempi del Politecnico nei lunghi viaggi da Torino alla Sicilia.
Avevamo fatto insieme anche il primo viaggio di lavoro 16 anni prima, verso Nord, per iniziare a lavorare, lui alla Thomson ed io in SGS-Fairchild.
L’obiettivo della cena era la sua proposta di assumere l’incarico di responsabile della ricerca del gruppo che gli era stato assegnato dall’ing. Pistorio, la DSG, Discrete and Standard Circuits.
Lo avevo incontrato qualche settimana prima ad Agrate, dove stava cercando di trovare personale nella nuova organizzazione che stava mettendo in piedi a Catania.
Vi era già un responsabile della ricerca a Catania, Eugenio Cavallari, una persona molto estroversa.
Ma la moglie non si trovava bene a Catania e cosi aveva dovuto rinunciare all’incarico.
Io non avevo di questi problemi, anzi mi avrebbe fatto piacere ritornare in Sicilia, cosi potevo stare vicino al mare ed al mio paese natale, Palazzolo Acreide.
Il problema era il lavoro. La ricerca di cui si trattava era assolutamente nella fascia tecnologicamente più bassa possibile: transistori di potenza e logiche standard per il gruppo DSG.
Avevo iniziato la mia attività di ricercatore progettando il primo transistore planare ed avevo proseguito per 4 anni, quando era passato allo sviluppo di tecnologie per circuiti digitali VLSI, facendo dalle tecnologie per micro a quelle per le memorie ed il campo era sempre in evoluzione.
Si trattava di un passo indietro notevole, avrei avuto il vantaggio di avere il controllo di tutti i gruppi, dalla progettazione circuitale alla linea pilota alle tecnologie, non avrei avuto problemi con la produzione, per cui accettai l’incarico senza problemi.
Salvatore aveva anche un altro argomento molto convincente mettere insieme un dispositivo di potenza con un integrato di controllo.
Facile a dirsi ben più difficile a farsi, comunque i primi tre anni furono spesi a risolvere problemi di resa enormi. Le rese erano a livelli ridicoli. I costi erano oltre il doppio devi ricavi delle vendite, altri problemi venivano dal package e dalle tecnologie veramente obsolete dei circuiti standard.
A partire
dal 1984 si cominciò a pensare a varie soluzioni per l’integrato di potenza.
Il prodotto da sviluppare era già chiaro. Occorreva consolidare la già ottima
posizione di mercato che nel frattempo si stava acquisendo per le accensioni
elettroniche con l’invenzione di
Il problema fondamentale è che i discreti richiedono un substrato di tipo N,
mentre gli integrati richiedono un substrato di tipo P.
Si pensava ad un isolamento mesa, non
planare, come quello utilizzato nei dispositivi di potenza di maggiore
tensione, ma vi erano vari problemi irrisolvibili
La soluzione arrivò all’improvviso con la visita a Catania di Franco Bertotti,
che curava a Castelletto l’integrazione di processo per Murari.
Eravamo amici di lunga data e Franco voleva essere informato di alcuni processi
che avevamo in sviluppo, il così detto light emitter, la sostituzione
dell’impianto di antimonio con l’arsenico e qualche altra cosa. Alla riunione partecipò
Salvatore Musumeci, una delle persone più brillante del mio mio gruppo e Salvo
Raciti.
Quando si parlò della difficoltà di avere un isolamento planare molto profondo,
Franco propose di dividere la crescita epitassiale in due per consentire la fabbricazione
per diffusione dello strato p necessario all’integrato per diffusione partendo
sia dal basso che dall’alto. Questo consentiva di avere sia l’epitassia N
necessaria per i dispositivi di potenza l’integrato di controllo.
Nacque il
brevetto US 4641171 a nome F. Bertotti, G. Ferla, S, Musumeci, S. Raciti
L’implementazione richiese quasi due anni, alla fine nacque la prima accensione
elettronica integrata. Il VB20. Fu presentata con grande successo alla
conferenza IEEE sui dispositivi di potenza di Tokyo del 1986.
In realtà serviva dell’altro per avere un VIPower funzionante in maniera
efficiente: serviva l’invenzione del transistore bizzarro e del diodo
autarchico, ma si tratta di altre storie.
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