Lo stress materno durante le guerre o le epidemie causa cambiamenti epigenetici che hanno effetti negativi sulla longevità del nascituro.
Nel lavoro viene valutato questo effetto utilizzando il modello dell'aspettativa di vita sviluppato dagli autori. Per la prima guerra mondiale la riduzione della longevità è stato di ben due anni. Per la seconda guerra mondiale l'effetto è minore ed ancora non ben valutabile
Link alla presentazione
Contiene post su vari temi, medicina. PPG, fisiologia , demografia, economia, sport, microelettronica, statistica, storia ST e microelettronica, matematica
martedì 31 dicembre 2013
giovedì 14 novembre 2013
I Mitocondri e lo Stato: una proposta per il pareggio
Ieri, 14/11/2013, Rai 2 riportava un allarme sollevato da Mastrapasqua, il capo dell’INPS, su
difficoltà nel pagamento delle pensioni. Questione subito ridimensionata dal
ministro Sacccomanni.
Adam Smith ne La
ricchezza delle Nazioni afferma che un buon bilancio è un bilancio
in pareggio (a balanced budget). Sono passati un po’ di anni (era il
1776 quando Adam Smith pubblicò il suo capolavoro), ma adesso il principio è
praticamente accettato da tutti. Tuttavia siamo molto lontani dalla concreta
implementazione.
In natura invece
si è un passo avanti: il pareggio è applicato per tutte le grandezze in gioco e
non potrebbe essere differentemente.
Nei mitocondri, le minuscole centrali energetiche degli esseri viventi,
tante cariche elettriche entrano tante ne escono,
tanti atomi di idrogeno entrano tanti ne escono,
tanta energia entra tanta ne esce:
è il detailed balance!
Nei mitocondri, le minuscole centrali energetiche degli esseri viventi,
tante cariche elettriche entrano tante ne escono,
tanti atomi di idrogeno entrano tanti ne escono,
tanta energia entra tanta ne esce:
è il detailed balance!
Per le pensioni
si dovrebbe fare lo stesso: ognuno in pensione dovrebbe avere diritto ad una
quota della disponibilità pari a quanto ha versato quando era in attività.
Vediamo di
chiarire il concetto con un esempio numerico grossolano.
Supponiamo di aver versato 10 mila euro in un anno in cui i versamenti di tutti lavoratori ammontavano a 150 miliardi di euro. La quota versata è quindi 67 miliardesimi.
Dopo 40 anni avrò accumulato 3 milionesimi (circa 67X40).
Quando arrivo alla pensione, i contributi versati dai lavoratori assommano a 300 miliardi, mentre i pensionati reclamano quote che potrebbero essere complessivamente uguale a 15, cioè circa la vita media dopo la pensione.
Per calcolare quando prenderò ogni anno devo dividere per 15 la quota da me accumulata, cioè avrò diritto a (3 milionesimi)/15=200 miliardesimi dei contributi versati nell’anno.
Prenderò quindi 60 mila euro di pensione l’anno.
Supponiamo di aver versato 10 mila euro in un anno in cui i versamenti di tutti lavoratori ammontavano a 150 miliardi di euro. La quota versata è quindi 67 miliardesimi.
Dopo 40 anni avrò accumulato 3 milionesimi (circa 67X40).
Quando arrivo alla pensione, i contributi versati dai lavoratori assommano a 300 miliardi, mentre i pensionati reclamano quote che potrebbero essere complessivamente uguale a 15, cioè circa la vita media dopo la pensione.
Per calcolare quando prenderò ogni anno devo dividere per 15 la quota da me accumulata, cioè avrò diritto a (3 milionesimi)/15=200 miliardesimi dei contributi versati nell’anno.
Prenderò quindi 60 mila euro di pensione l’anno.
Da notare che il
lavoratore dell’esempio ha uno stipendio doppio rispetto la media (bastano
infatti 15 milioni di lavoratori a coprire il totale dei contributi). Inoltre
l’economia della nazione è cresciuta il termini reali di un fattore due in 40
anni.
Ovviamente se i pensionati tendono a vivere 100 anni la quota complessiva da loro reclamata sarà ben maggiore di 15, se invece aumentiamo a 70 anni l’età del pensionamento il fattore di normalizzazione diminuirà..
L’ammontare da dividere invece dipende da quanti disoccupati abbiamo e da quanto facciamo pagare di contributi.
Ovviamente se i pensionati tendono a vivere 100 anni la quota complessiva da loro reclamata sarà ben maggiore di 15, se invece aumentiamo a 70 anni l’età del pensionamento il fattore di normalizzazione diminuirà..
L’ammontare da dividere invece dipende da quanti disoccupati abbiamo e da quanto facciamo pagare di contributi.
E’ chiaro che così
facendo il fondo pensione sarà sempre in pareggio, ma non ho la certezza di quanto prenderò di pensione.
Ma il rimedio può sembrare peggiore del male!
Ma il rimedio può sembrare peggiore del male!
Occorre
considerare che altre soluzioni sono ancora peggio: nei paesi dove sono in
vigore i fondi pensione si è in balia di un sistema finanziario che di fatto ha
trasformato il mondo in una superbisca, quindi non vi è nessuna garanzia di riprendere
quanto si è versato.
Il sistema a ripartizione è sicurante più stabile, ovviamente se l’economia della nazione continua a regredire come sta succedendo all’Italia negli ultimi dieci anni, i pensionati non possono pensare di rimanerne immuni.
Il sistema a ripartizione è sicurante più stabile, ovviamente se l’economia della nazione continua a regredire come sta succedendo all’Italia negli ultimi dieci anni, i pensionati non possono pensare di rimanerne immuni.
Vi è un'altra
applicazione del detailed balance. E’ quello dei singoli individui: non che
tutti devono essere alla pari, ma almeno una contabilità fra i contributi ed i
benefici deve essere tenuta.
Va evitato l’estremo limite raggiunto dall’inghilterra dove vengono elargiti benefits vari perben
160 B£, pari all’introito dell’income tax ed il governo, che ha del 6.1 % (forecast di ottobre 2013) sul GDP, non è riuscito a far passare il limite ai benefits a 26 mila sterline l’anno, che potrebbero garantire l’equivalente di un stipendio medio ad oltre 6 milioni di famiglie.
La contabilità individuale potrebbe essere il primo passo verso l’equilibrio dei diritti con i doveri.
Va evitato l’estremo limite raggiunto dall’inghilterra dove vengono elargiti benefits vari perben
160 B£, pari all’introito dell’income tax ed il governo, che ha del 6.1 % (forecast di ottobre 2013) sul GDP, non è riuscito a far passare il limite ai benefits a 26 mila sterline l’anno, che potrebbero garantire l’equivalente di un stipendio medio ad oltre 6 milioni di famiglie.
La contabilità individuale potrebbe essere il primo passo verso l’equilibrio dei diritti con i doveri.
venerdì 18 ottobre 2013
La povertà della Sicilia
Il 17 ottobre
scorso in presenza di varie personalità politiche, fra cui il presidente Giorgio Napolitano è stato
presentato il rapporto SVIMEZ (associazione per lo sviluppo dell’industria nel
Mezzogiorno). http://lnx.svimez.info/it/2013.html
Sono da
parecchi anni un attento lettore del rapporto SVIMEZ (potete
trovarne delle copie vecchie nella nostra biblioteca). La lettura del rapporto
di quest’anno è particolarmente impressionante perché alla cronica situazione
di disaggio della Sicilia si somma la crisi dell’Italia.
Dal 2001 ad oggi
la popolazione siciliana è rimasta invariata, ma è diminuita di quasi il 10 %
la forza lavoro (nella forza lavoro sono inclusi anche i disoccupati) mentre la
produttività è rimasta invariata, per cui la Sicilia è circa il 3.8 % più povera di quanto fosse nel 2001,
con un PIL pro-capite di 17.300 euro (da tenere presente che alla formazione
del PIL pro-capite contribuiscono altre
voci oltre alla reale disponibilità individuale di reddito: una regola di
massima è che occorre dividere per due il PIL pro-capite per avere una stima ragionevole del reddito
disponibile).
Questo livello di reddito pone la Sicilia ben al disotto di Cipro, Polinesia Francese, Porto Rico e praticamente allo stesso livello della Guinea Equatoriale.
Sono in verità contesti difficili da recepire. Vi è invece un aspetto facile da cogliere, basta guardarsi attorno, ed è quello della diseguaglianza sociale e della povertà. Quasi la metà (il 46.6%) delle famiglie gode solamente del 20 % del già modesto reddito regionale: vi sono quindi moltissime famiglie sotto la soglia della povertà (per l’Istat nel mezzogiorno il 9.8 % delle famiglie è sotto la soglia di povertà fissata in 580 euro mensile).
E’ facile vedere a Catania ambulanti che non si capisce come facciamo a vivere, anche se vendessero tutta la merce.
Questo livello di reddito pone la Sicilia ben al disotto di Cipro, Polinesia Francese, Porto Rico e praticamente allo stesso livello della Guinea Equatoriale.
Sono in verità contesti difficili da recepire. Vi è invece un aspetto facile da cogliere, basta guardarsi attorno, ed è quello della diseguaglianza sociale e della povertà. Quasi la metà (il 46.6%) delle famiglie gode solamente del 20 % del già modesto reddito regionale: vi sono quindi moltissime famiglie sotto la soglia della povertà (per l’Istat nel mezzogiorno il 9.8 % delle famiglie è sotto la soglia di povertà fissata in 580 euro mensile).
E’ facile vedere a Catania ambulanti che non si capisce come facciamo a vivere, anche se vendessero tutta la merce.
Fra i problemi
della Sicilia vi sono:
- forza lavorativa meno del 50% della popolazione,
- la quasi inesistente struttura manifatturiera,
- la scarsa produttività, circa l’ottanta per cento del livello nazionale,
- la struttura pubblica quasi il 30% in più della media nazionale,
- forte deficit della bilancia commerciale,
- limitato risparmio, 60 miliardi di deposito contro 66 miliardi di prestiti.
- forza lavorativa meno del 50% della popolazione,
- la quasi inesistente struttura manifatturiera,
- la scarsa produttività, circa l’ottanta per cento del livello nazionale,
- la struttura pubblica quasi il 30% in più della media nazionale,
- forte deficit della bilancia commerciale,
- limitato risparmio, 60 miliardi di deposito contro 66 miliardi di prestiti.
L’Italia
La situazione italiana è fra le più difficili e mi sembra un miracolo che la borsa riesca a sostenere senza problemi il rinnovo dei titoli in scadenza. Ovviamente paghiamo tassi di interesse ben maggiori di quanto sia consentito dalla crescita, che non c’è.
Secondo il rapporto Svimez, il PIL dell’Italia si è contratto fra il 2008 ed il 2012 del 6.9 %.
Dal 2001 al 2012 il PIL è cresciuto del 1.6% in Italia, ma ciò senza tenere conto dell’enorme aumento del debito pubblico avuto nello stesso periodo. Al netto del debito pubblico, cresciuto in quel periodo di quasi 1000 Miliardi di euro sottoscritti per quasi il 50 % da investitori esteri, la decrescita del PIL sarebbe del 2% per anno.
La situazione italiana è fra le più difficili e mi sembra un miracolo che la borsa riesca a sostenere senza problemi il rinnovo dei titoli in scadenza. Ovviamente paghiamo tassi di interesse ben maggiori di quanto sia consentito dalla crescita, che non c’è.
Secondo il rapporto Svimez, il PIL dell’Italia si è contratto fra il 2008 ed il 2012 del 6.9 %.
Dal 2001 al 2012 il PIL è cresciuto del 1.6% in Italia, ma ciò senza tenere conto dell’enorme aumento del debito pubblico avuto nello stesso periodo. Al netto del debito pubblico, cresciuto in quel periodo di quasi 1000 Miliardi di euro sottoscritti per quasi il 50 % da investitori esteri, la decrescita del PIL sarebbe del 2% per anno.
Senza volere
entrare nel merito della polemica fra Letta ed Olli Rehn[1],
riporto quanto si legge ogni settimana su The Economist (il settimanale
economico più letto con oltre 1.5 milioni di copie).
I dati si riferiscono a 41 paesi (G20+ OECD).
-Produzione industriale: Italia -3.0 %.
Zona euro +1% (anche la Grecia va meglio di noi -1.8%, la Spagna +3.5%), Cina +10.3 %, Stati Uniti +3.2%.
8 paesi hanno il segno meno, ma non è una buona compagnia (Israele, Egitto e Sud Africaetc).
I dati si riferiscono a 41 paesi (G20+ OECD).
-Produzione industriale: Italia -3.0 %.
Zona euro +1% (anche la Grecia va meglio di noi -1.8%, la Spagna +3.5%), Cina +10.3 %, Stati Uniti +3.2%.
8 paesi hanno il segno meno, ma non è una buona compagnia (Israele, Egitto e Sud Africaetc).
-PIL: solo
5 paesi su 41 sono in recessione, Grecia -4%, Italia -1.8 %, Spagna
-1.3 %, Olanda-1.2% e Repubblica Ceca -.7%.
Al posto di Letta
sarei stato zitto.
Cosa si può fare
In ST, in particolare a Catania
Anzitutto lavorare di più. Molte business units stentano a generare utili: per migliorare la situazione ognuno di noi si deve porre come obbiettivo quello di generare valore.
Non lavorare pensando, tanto mi pagano tanto dò: è il modo migliorare per danneggiare le proprie prospettive di miglioramento professionale e di carriera.
Un modo ovvio per fare meglio è quello di lavorare 4 o 5 ore in più la settimana.
Ma non tutti possono farlo o per limiti oggettivi o perché già lavorano al massimo.
Anzitutto lavorare di più. Molte business units stentano a generare utili: per migliorare la situazione ognuno di noi si deve porre come obbiettivo quello di generare valore.
Non lavorare pensando, tanto mi pagano tanto dò: è il modo migliorare per danneggiare le proprie prospettive di miglioramento professionale e di carriera.
Un modo ovvio per fare meglio è quello di lavorare 4 o 5 ore in più la settimana.
Ma non tutti possono farlo o per limiti oggettivi o perché già lavorano al massimo.
Una cosa che
tutti possono fare è lavorare meglio, è un impegno
continuo che non ha fine.
Lavorare meglio vuol dire molte cose: dare la priorità a ciò che è più importante per l’azienda, non stare a guardare quello che non fanno gli altri ma a ciò che possiamo fare noi.
Può fare moltissimo per il miglioramento dell’andamento un maggiore spirito di collaborazione.
Lavorare meglio vuol dire molte cose: dare la priorità a ciò che è più importante per l’azienda, non stare a guardare quello che non fanno gli altri ma a ciò che possiamo fare noi.
Può fare moltissimo per il miglioramento dell’andamento un maggiore spirito di collaborazione.
Molte situazioni
aziendali hanno la caratteristica di essere molto aperte alla competizione
interna.
Un sito che va bene cresce a spesa del sito meno efficiente.
Se Catania va bene, cresce, altrimenti le attività si spostano in siti ST che vanno meglio.
Un sito che va bene cresce a spesa del sito meno efficiente.
Se Catania va bene, cresce, altrimenti le attività si spostano in siti ST che vanno meglio.
In generale
Una maggiore consapevolezza della particolarità della situazione italiana aiuterebbe ad affrontare meglio i problemi.
Un particolare, di cui sembra che molti non si rendono conto, è che in Italia l’ offerta di lavoro non si incontra con la domanda. Tutte le volte che ritorno dall’Inghilterra ho l’impressione che la gente non ha voglia di lavorare: ovviamente non è così.
Tuttavia da Brico si fa sempre una lunga coda alla cassa, lo stesso da Simply. Da Aucham vi sono le casse automatiche etc. La stessa mancanza di personale si nota in ristoranti ed altri esercizi.
In Inghilterra si trovano giovani ed anziani a coprire questi posti non certo high tech,e non ho mai fatto coda al supermercato.
Nelle code in Italia si trovano sempre persone che hanno lavorato o conoscono chi lavora per soli 400 euro, non si capisce perché alla fine si abbiano così pochi lavoratori.
La responsabità sia nella miopia dei sindacati e nella accondiscendenza dei politici.
Il cuneo fiscale è una scoperta molto vecchia, per me data solo dal 1992 quando il Corimme assunse i primi inglesi. Allora la quota del NIC (National Insurance Contribution) era del 9% fino a 30 mila sterline e poi il 2%. Altro che il 32% che in Italia si paga come contributo INPS! Adesso in UK è il12 % fino a 40 mila sterline e poi il 2 %. L’argomento meriterebbe maggiore approfondimento, anche per il fatto che in Italia vi sono alcuni aspetti positivi della previdenza che stanno per essere perduto.
Mi prefiggo di farlo in altra occasione.
Il passaggio dalla quota del contributo attuale ad aliquote più europee deve per forza di cosa (il mantenimento delle pensioni già in erogazione) essere graduale, ma non per i nuovi assunti.
Altra questione molto dibattuta è la flessibilità.
Anche in questo caso la distanza con l’Inghilterra è abissale. Ne ho esperienza indiretta attraverso il lavoro di mio figlio. Contratti a zero ore, occasionali, di tutti i tipi: pur con una laurea in architettura ed in un periodo di crisi ha avuto solo 6 settimane di riposo dopo la laurea ed è stato subito al lavoro, non con gran stipendio. Adesso fa tutt’altro ma per avere i documenti in ordine per una impresa in proprio ha impiegato un solo giorno e 5 sterline!
Di fatto lo stato italiano ha una attitudine predatoria nei confronti dei lavoratori.
In una azienda il vero stakeholder è lo stato che porta nelle proprie tasche ben più di quanto intaschino i lavoratori (circa 120 euro per ogni 100 del lavoratore) a cui poi va aggiunta l’IVA che la società paga, nella maggior parte dei casi, sulla differenza
Una maggiore consapevolezza della particolarità della situazione italiana aiuterebbe ad affrontare meglio i problemi.
Un particolare, di cui sembra che molti non si rendono conto, è che in Italia l’ offerta di lavoro non si incontra con la domanda. Tutte le volte che ritorno dall’Inghilterra ho l’impressione che la gente non ha voglia di lavorare: ovviamente non è così.
Tuttavia da Brico si fa sempre una lunga coda alla cassa, lo stesso da Simply. Da Aucham vi sono le casse automatiche etc. La stessa mancanza di personale si nota in ristoranti ed altri esercizi.
In Inghilterra si trovano giovani ed anziani a coprire questi posti non certo high tech,e non ho mai fatto coda al supermercato.
Nelle code in Italia si trovano sempre persone che hanno lavorato o conoscono chi lavora per soli 400 euro, non si capisce perché alla fine si abbiano così pochi lavoratori.
La responsabità sia nella miopia dei sindacati e nella accondiscendenza dei politici.
Il cuneo fiscale è una scoperta molto vecchia, per me data solo dal 1992 quando il Corimme assunse i primi inglesi. Allora la quota del NIC (National Insurance Contribution) era del 9% fino a 30 mila sterline e poi il 2%. Altro che il 32% che in Italia si paga come contributo INPS! Adesso in UK è il12 % fino a 40 mila sterline e poi il 2 %. L’argomento meriterebbe maggiore approfondimento, anche per il fatto che in Italia vi sono alcuni aspetti positivi della previdenza che stanno per essere perduto.
Mi prefiggo di farlo in altra occasione.
Il passaggio dalla quota del contributo attuale ad aliquote più europee deve per forza di cosa (il mantenimento delle pensioni già in erogazione) essere graduale, ma non per i nuovi assunti.
Altra questione molto dibattuta è la flessibilità.
Anche in questo caso la distanza con l’Inghilterra è abissale. Ne ho esperienza indiretta attraverso il lavoro di mio figlio. Contratti a zero ore, occasionali, di tutti i tipi: pur con una laurea in architettura ed in un periodo di crisi ha avuto solo 6 settimane di riposo dopo la laurea ed è stato subito al lavoro, non con gran stipendio. Adesso fa tutt’altro ma per avere i documenti in ordine per una impresa in proprio ha impiegato un solo giorno e 5 sterline!
Di fatto lo stato italiano ha una attitudine predatoria nei confronti dei lavoratori.
In una azienda il vero stakeholder è lo stato che porta nelle proprie tasche ben più di quanto intaschino i lavoratori (circa 120 euro per ogni 100 del lavoratore) a cui poi va aggiunta l’IVA che la società paga, nella maggior parte dei casi, sulla differenza
La collaborazione con le Università
Nel campo della
tecnologia e della progettazione si sfonda una porta aperta, ma ho
l’impressione che si possa fare di più.
Dal 2001 molti paradigmi alla base dello sviluppo della microelettronica sono cambiati e sono cambiati anche i driver dello sviluppo.
Catania aveva avuto il privilegio di essere in vantaggio nella radio frequenza nel 1994 anticipando la concorrenza di ben un anno nel tranceiver singolo chip, quello che riceve e trasmette il segnale in un telefono cellulare, ma il vantaggio non è stato sfruttato: adesso Qualcomm nella sola RF fattura più del doppio di ST ed abbiamo Broadcom alle spalle con soli 50 M$ di differenza in fatturato.
E’ possibile che il prossimo driver della microelettronica sia costituito dalle applicazioni per la salute.
Sono sicuramente utili nuove collaborazioni e non mancano interlocutori nella nostra Università.
Questo insieme ad un maggiore impegno a fare bene, potrebbe far localizzare una grossa attività a Catania.
Dal 2001 molti paradigmi alla base dello sviluppo della microelettronica sono cambiati e sono cambiati anche i driver dello sviluppo.
Catania aveva avuto il privilegio di essere in vantaggio nella radio frequenza nel 1994 anticipando la concorrenza di ben un anno nel tranceiver singolo chip, quello che riceve e trasmette il segnale in un telefono cellulare, ma il vantaggio non è stato sfruttato: adesso Qualcomm nella sola RF fattura più del doppio di ST ed abbiamo Broadcom alle spalle con soli 50 M$ di differenza in fatturato.
E’ possibile che il prossimo driver della microelettronica sia costituito dalle applicazioni per la salute.
Sono sicuramente utili nuove collaborazioni e non mancano interlocutori nella nostra Università.
Questo insieme ad un maggiore impegno a fare bene, potrebbe far localizzare una grossa attività a Catania.
Inoltre devono
proseguire le collaborazioni esistenti sia nella progettazione che nelle tecnologiche
ma vanno evitate le fughe in avanti verso la prossima tappa.
Deve essere vinta la tappa attuale!
I programmi di ricerca devono essere volti a risolvere i problemi attuali.
La fabbrica dei pannelli solari deve creare valore adesso, non con nuove tecnologie ancora da sviluppare.
Deve essere vinta la tappa attuale!
I programmi di ricerca devono essere volti a risolvere i problemi attuali.
La fabbrica dei pannelli solari deve creare valore adesso, non con nuove tecnologie ancora da sviluppare.
[1] Letta: "Rehn non può permettersi
scetticismo sull'Italia”. Vedi anche La Repubblica del 3-dic-2013 http://www.repubblica.it/politica/2013/12/03/news/napolitano_europa-72577233/
mercoledì 14 agosto 2013
Who controls the world economy?
NB. Original Powerpoint can be found here.
Debt and interest rates
Do the finance ministers control the economy?
Hon. Giulio Tremonti
Hon. Mario Monti
Former Italian Finance minister (2011–2013)
|
So who controls the economy?
Larry Fink
As of March 31, 2011, BlackRock's assets under management total 3650 B$ across equity, fixed income, cash management, alternative investment, real estate and advisory strategies.
Investment system services to a broad base of clients with portfolios totalling approximately 10000 B$ As of September 30, 2011, BlackRock's assets under management total US$3.345 trillion across equity, fixed income, cash management, alternative investment, real estate and advisory strategies. Through BlackRock Solutions® — the natural evolution of our long-standing investment in developing sophisticated and highly integrated systems — we offer risk management, strategic advisory and enterprise investment system services to a broad base of clients with portfolios totaling approximately US$10 trillion. |
Bill Gross
For 25 years he was the charismatic boss of Pimco. He is one of the best asset managers. |
Power Holders
It is clear therefore that the power holders are not the governments, but the top asset managers,
Rank | Manager | Country | Total Assets |
---|---|---|---|
1 | BlackRock | USA | $3,346,256 |
2 | State Street Global | US | $1,911,240 |
3 | Allianz Group | Germany | $1,859,351 |
4 | Fidelity Investments | USA | $1,699,106 |
5 | Vanguard Group | USA | $1,509,119 |
6 | AXA Group | France | $1,453,285 |
7 | BNP Paribas | France | $1,326,730 |
8 | Deutsche Bank | Germany | $1,261,234 |
9 | J.P. Morgan Chase | USA | $1,252,915 |
10 | Capital Group | USA | $1,179,695 |
World's largest asset managers | Total Assets managed by country |
---|---|
The expiration of Italian bonds | Total Assets managed by country |
---|---|
It's worth noting that there is a jump from a 137B€ debt expriring in 2011 to nearly 270 B€ in 2012. The only hope is that the global economy won't leave Italy behind. | In the past 10 years Italy's GDP has barely grown at all. In fact, when stating a ~2% increase in 10 years, one should take into account population growth and that in those years a considerable amount of public debt was underwritten by foreign investors — about 600B€. |
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