venerdì 17 luglio 2015

La bolla cinese

La bolla Cinese, la comprensione dei numeri.

“When you can measure what you are speaking about, and express it in numbers, you know something about it, when you cannot express it in numbers, your knowledge is of a meager and unsatisfactory kind; it may be the beginning of knowledge, but you have scarely, in your thoughts advanced to the stage of science.”
Per molti anni questa frase di Lord Kelvin ha fatto mostra di se nel mio ufficio.
Quando mi sono accorto, che anche dei miei collaboratori avevano difficoltà nell’associare numeri e concetti, l’ho tolta.
Adesso mi sorgono dei dubbi gravi anche sugli autori di alcuni degli articoli di The Economist, Financial Time ed ultimo nel tempo (22 luglio2015) Simon Kennedy di Businessweek.
La bolla Cinese
Il mercato di Shanghai dal 20 novembre 2014 al 12 giugno 2015 è cresciuto al ritmo del tre per cento per settimana.
La capitalizzazione di borsa Shanghai è salita da 2400 B$ a 6000 B$.
E’ chiaro che non vi è nessuno sviluppo che possa sostenere questo ritmo.
La microelettronica nei suoi anni migliori,1970-2000, cresceva ad un ritmo dieci volte inferiore, cioè il 15 % per anno. Le società di maggior successo come Intel ed ST avevano una crescita della loro valorizzazione intorno al 20% per anno, quindi lo .4% per settimana.
Ma si tratta del settore trainante dell’industria elettronica che per anni ha guidato lo sviluppo dell’economia mondiale.

Financial Time ha dedicato una pagina intera alla bolla cinese e ha riportato anche la storia della donna che rovinata dallo scoppio della bolla (-30 % in un mese) ha tentato di suicidarsi,  ma  è stata salvata dalla polizia. La donna aveva investito i risparmi della famiglia, 110 mila dollari ed un prestito di 60 mila, nella borsa.
Adesso 17 banche cinesi stanno sostenendo, con successo, la borsa con un impegno di 130 B$.
Ciò che mi stupisce è che né la BBC né FT né The Economist commentano sull’assurdità della crescita.  S. Kennedy, BW, riporta l’opinione che lo scoppio della bolla rifletta un problema di crescita della Cina, con conseguente riduzione di importazioni.
La verità è molto più semplice: gli indici di borsa salgono se vi è immissione di denaro, scendono quando viene ritirato più denaro di quanto ne viene immesso.
Ovviamente le condizioni generale dell’economia sono determinano l’andamento di base, ma sono le fluttuazioni della massa monetaria che determinano le variazioni più forti, come la crescita del NYSE costante dell’un per cento per mese per oltre due anni.
La stampante di Mario Draghi sta avendo come primo effetto il netto miglioramento dei mercati europei.
Quando  il rapporto P/E sale a valori maggiore di 100 la bolla implode.
Risulta più conveniente investire in obbligazioni  e chi ha investito comincia ad uscire al mercato e il valore delle azioni scende.
Nella bolla del 2000 il P/E delle società trainanti il rapporto P/E era salito a 150!

La disponibilità data dalle banche è riuscita a bloccare la caduta, tuttavia ancora il P/E è piuttosto alto. Da notare che gli scambi giornalieri nei due mercati cinesi sono dell’ordine di 70B$ al giorno
Sono curioso di vedere quanto durerà l’effetto dei 130 B$.


Dettaglio degli ultimi mesi


Lo scambio giornaliero di azioni è dell’ordine dell’un per cento del valore del mercato.
Tipicamente chi vende subito dopo acquista, e viceversa.
Il flusso monetario verso l’esterno è molto modesto, dell’ordine del 0.3 ‰ al giorno.
Ma sono sufficienti sbilanciamenti modesti per creare grossi movimento del mercato.

sabato 4 luglio 2015

Il debito greco

(alla vigilia del referendum)
Ieri la BBC ha ospitato Mario Monti per un’intervista sul soggetto
Il prof Monti  è stato molto chiaro nel condannare l’indizione del referendum, definendo cinica l’azione.
Dopo aver messo in evidenza la difficoltà della scelta ha chiaramente espresso l’opinione che la scelta migliore dovrebbe essere  il si.
Il premio Nobel Joseph Stigiltz su Guardian ha espresso un’opinione diametralmente opposta, pur concordando nella difficoltà della scelta a cui sono costretti i Greci.
Stabilire i fatti non è per niente semplice.
Il sito ufficiale di statistica del governo greco è in greco, comunque con l’aiuto di Google translator mi è stato possibile trovare il bilancio espresso in circa 220 righe. Il risultato che ho ottenuto può essere riassunto dal seguente grafico:

Sono evidenti due dati: la riduzione della spesa nei 5 anni dall’inizio della crisi è stata quasi del 30 %, mentre l’incasso è rimasto costante malgrado nello stesso periodo il PIL si è ridotto del 20%.
Gli interessi pagati sono particolmente bassi: in totale 1.8 % del debito cioè meno di 6 B€, quindi di fatto non solo non si pagano gli interessi ma sono necessari altri finanziamenti per bilanciare il deficit.

La Troika

Viene ritenuta responsabile delle difficoltà in cui si dibattono i greci ma di fatto si è sostituita ai creditori privati offrendo condizioni particolarmente favorevoli.
Il fondo di Stabilità richiede interessi del pari all’Euribor a tre mesi più lo .5%, quindi attualmente sololo .5 %.



IMF invece richiede tassi del 3.5%.
La Grecia ha recentemente contratto debitii sul mercato libero  al 6% di interesse.
Ecco la partizione aggiornata del debito.

Da notare l’esposizione dell’Italia, ben 37 B€ .

Esborsi reali e promesse


I pagamenti previsti

La situazione attuale è sicuramente peggiore.

I termini del referendum

I creditori privati sono stati sostituiti da enti internazionali, che alla fine scaricano il dedito su una comunità più ampia, ma è chiaro che la Grecia non può pagare il debito.
Anche se la Troika accettasse la proposta della riduzione del debito del 50 %, la Grecia ha ancora bisogno di finanziamenti.
Credo che quanto escogitato da Mussolini sia più efficace:
- rendere il debito irredimibile, cioè non pagare i debiti,
- stabilire la rendita ellenica
.
Ma introdurrei una modifica: invece del 5 % della rendita Italiana o del 3.5 del rendimento del prestito littorio, il rendimento legato alla crescita del PIL (la Fornero insegna).
Inoltre farei un prestito forzoso pagando un quota degli stipendi, pari alla percentuale di deficit in titoli di stato irredimibili e con rendimento pari, come anticipato, alla crescita del PIL
Il pareggio di bilancio sarebbe automatico.

Francamente non vorrei essere nei panni di Tsipras né in quelli di un Greco, ma se dovessi votare voterei per il NO